Sempre riguardo ad una matrice di impronte geometriche (come anche quelle che si possono analizzare perché
presenti sui reperti balistici), già rientranti nei sistemi valutativi "a barre" tali quelle digitali, si è concordato anche nella
Suprema Corte, che si può solo ed unicamente validare una diagnosi di positività identificativa se tra impronta test ed impronta
campionata sussistono almeno 15 punti completi di coincidenza perfetta e completa.
Occorre riferire, che oggi l'identità individuale balistica delle impronte è legata esclusivamente alla
soggettività valutativa dell'operatore, che può stabilire se si tratta di prova positiva o negativa secondo la sua esperienza, il
suo stato d'animo, la sua coscienza, il suo precostituito e personale convincimento, il timore d'essere redarguito dal suo superiore
diretto, il timore di fare brutta figura verso i media o di non essere più chiamato dal magistrato, etc. e le cronache quotidiane
anche recenti lo dimostrano clamorosamente...
La delicatezza dell'indagine balistica, mirata alla valutazione identificativa individuale microcomparativa
di impronte sui bossoli e sui proiettili, risiede su capisaldi scientifici sia di indole fisica che probabilistica, in quanto la
produzione di impronte striate o per stampo, è legata a fattori sia dovuti alle superfici improntanti, ma anche al particolare
stato casuale - dinamico o statico - nel tempuscolo del contatto violento tra la superficie improntante e quella da improntare.
Riportando la casualità dell'improntamento balistico nel campo della relatività delle misure - scienza che governa tutti i fenomeni
naturali ed artificiali, e fors'anche quelli …artificiosi - appare evidente che per avere la certezza della positività richiesta per
una prova giudiziaria valida, non è possibile forzare le leggi sovrane del caso, trasformando probabilità con certezza della prova,
o quanto meno ricondotta all'essere "al di sopra di ogni ragionevole dubbio", dopo aver fissato il range del parametro "dubbio" o
la "ragionevole certezza" in modo neutrale, non a favore né dell'Accusa né della Difesa. D'altra parte è ormai notorio a tutti che
le impronte individuali balistiche sui bossoli o sui proiettili esplosi, siano di natura ed entità per lo più microscopiche
(contrariamente a quelle generiche di "classe" che sono di entità macroscopica) e risultano essere la copia negativa o meglio
complementare, di imperfezioni singolari ed individuali (stabilizzate e non volatili o casuali) dell'anima rigata della canna o
degli organi del vivo dell'otturatore, presenti sulle superfici di contatto con bossoli e con proiettili durante le varie fasi
dello sparo (deflagrazione della polvere da lancio e detonazione della miscela innescante) e della cinematica di ripetizione
(accelerazione, forzamento, e lancio del proiettile; incameramento, percussione, estrazione ed espulsione del bossolo).
Riferendoci ai proiettili, non è possibile - per ottenere una prova giudiziaria affidabile - limitare il
controllo strumentale e la registrazione solo a limitate a parziali strie isolate, che nel complesso totale di tutto il campo
improntato a 360° e per l'altezza del corpo cilindrico di forzamento improntato, rappresentano in percentuale solo una infinitesima
parte. Per questo la prova giudiziaria balistica microcomparativa, dovrà essere anche quantitativamente e qualitativamente valida,
non in gradi di probabilità, ma di certezza, e ciò è possibile ottenerlo solo se il campo delle coincidenze delle strie supera
almeno una superficie del corpo di forzamento utilizzabile prossima ad almeno il 51% contro il 49% di quello delle non coincidenze,
ciò per escludere - qualora ci si trovasse su un valore di coincidenze di strie inferiori al 51% - di non poter dare diagnosi di
positività individuale per provenienza da quella canna in quanto allo stato risulta impossibile - se ci si trova con un solo
proiettile a reperto, ossia in assenza di altri reperti - valutare se effettivamente il maggior campo interessato dalle non
coincidenze di strie lo sia perché i due proiettili furono improntati da due anime rigate diverse.
D'altra parte difficilmente i proiettili di pistola che hanno attinto mortalmente un uomo, conservano
integra la loro superficie improntata dall'anima della canna, e questo crea ancor più limitazioni diagnostiche quantitative
oltre quelle già insite nella fenomenologia improntativa di strie di copia dinamica di effettive imperfezioni della superficie
dell'anima rigata della canna contro invece la copia di impurità solide (frammenti di proiettile, residui di sparo, etc.)
casualmente interposti tra proiettile ed anima di canna.
La differenziazione tra impronte vere (che si ripetono costantemente per morfologia, posizione e numero su
vari tests) ed impronte casuali (che svaniscono od appaiono casualmente colpo a colpo su vari tests), appare chiara ed
incontestabile così che la idoneità e la validità identificativa, si possono solo ottenere avendo la possibilità di confrontare non
un unico proiettile reperto con i tests esplosi con le pistole sospettate, ma più proiettili a reperto: sta all'operatore valutare
quali siano le strie vere e quelle casuali, e formulare la diagnosi di positività non introducendo comparazioni microscopiche
"spurie", comportando errori soggettivi, che è auspicabile, di natura meramente involontaria, in alcuni processi sotto i
riflettori dei media...
Vale la pena notiziare e riportare, riguardo l'incertezza di base sulla effettiva positività comparativa
di impronte individuali, quanto il famoso prof. Alfred Biasotti riuscì a definire sperimentalmente con prove ineccepibili,
cinquant'anni fa e riportandone - dopo la presentazione con gran clamore in certi ambienti giudiziari, dei risultati in un
congresso scientifico internazionale - i punti interessanti su due numeri successivi, di annate differenti (vol.4, n1 -1957 e
vol.6, n1 -1059) della prestigiosa rivista "The Journal of Forensic Science".
Dai testi dei due lavori in questione, si può venire a conoscenza che dalle prove rigorosamente effettuate
dal Biasotti con 16 pistole (Smith & Wesson rigatura destrorsa e Colt's rigatura sinistrorsa) tutte in cal.38 special in stato
differente d'uso e 8 pistole calibro 38 special (stesse marche di cui sopra) in stato di perfetto nuovo ed inusato, si ottennero,
sparando cartucce di più marche ed in diverso stato di conservazione (tradotto in italiano):
-a) "la corrispondenza e coincidenza (= identità individuale) media percentuale delle microimpronte sui proiettili esplosi
sperimentalmente da una stessa canna, è variabile dal 36% al 38% per i proiettili in piombo nudo e dal 21% al 24% in quelli
mantellati...";
-b) "...per i proiettili sparati in armi diverse, ma di identico modello e marca, la percentuale di corrispondenze di strie è
frequentemente del 15% al 20%...".
Sulla base di cui sopra è possibile esprimersi con la constatazione che proiettili provenienti da due canne
diverse danno solo una probabilità del 15% al 20% di presentare coincidenza di microimpronte così da non essere differenziabili
individualmente come diversa origine una fascia tra l'80% e l'85%...
Va fatto rilevare che le prove del Biasotti sono riferite ad armi del tempo delle prove (1954 e 1956) o di
fabbricazione precedente, fatto questo che permette introdurre la specificità del tipo e della modalità di fabbricazione
semi-industriale d'allora nell'intaglio e nella rettifica dei pieni e dei cavi di rigatura, con la possibilità di imperfezioni
dovute a truciolo, salto di utensile (unghia o broccia), difetti di lappatura e rettifica, etc., che in effetti costituiscono poi
la matrice improntante individuale sul proiettile.
I dati del Biasotti, se fossero riportati con le stesse garanzie d'allora alle anime di canne modernamente
lavorate con i sistemi di precisione computer assistiti, a stampo e non ad asportazione di truciolo, sarebbero falsi, in quanto le
superfici delle anime rigate oggi sono finite e lappate in modo tale da essere speculari e provenendo un lotto di fabbricazione da
uno stesso stampo, in un certo verso potrebbero essere considerate - se non è intervenuta successiva alterazione dallo stato
originario - provenienti da un processo clonativo…
Apparranno dunque affidabili e incontrovertibili le "Daubert's challenges" (="obiezioni") mosse verso i
risultati peritali dei consulenti della Polizia o dell'Accusa (negli Stati Uniti, il consulente od il perito dell'Accusa è il
"Technical Testimony" ossia il "Testimonio Tecnico"..) e che hanno permesso l'annullamento e la non validità delle prove balistiche
prodotte a carico dall'Accusa, in molti processi omicidiari. La stessa ENFSI, che è l'associazione internazionale nella quale
convengono tutti i direttori dei laboratori di Polizie Scientifiche del Mondo, ha accusato il colpo tanto da commissionare
all'International Works Group ed ad organi universitari e governativi, ricerche di sistemi validativi alternativi e non suscettibili
delle critiche attribuite ai sistemi tradizionali.
In Italia, il problema non s'è posto, anche perché ha trovato il muro di gomma forse legato alla mentalità di
alcuni che sono rimasti all'era del "comodo" processo inquisitorio, o forse perché paventano le innovazioni e le intrusioni alle
loro tesi , purtroppo talora legate al preconcetto ed all'innamoramento incondizionato ed irrazionale. M'è rimasto come un marchio
nella fronte, quando un togato ebbe ad esprimersi (coram populo), a me che mettevo giustamente e documentalmente in crisi
l'identificazione individuale di proiettili con i tests esplosi con il revolver dell'imputato, compiuta da un perito (guardacaso,
oggi sotto processo in altro luogo, per aver, sembra, manipolato a favore dell'Accusa, un reperto essenziale di un processo da prima
pagina..), perché adducevo a dimostrazione della inidentità individuale vistose prove fotografiche delle comparazioni negative tra
tests e reperti nel caso che si discuteva in Corte d'Assise ed inoltre esibivo e discutevo il lavoro del Biasotti e quello che era
avvenuto negli Stati Uniti d'America nelle Corti Federali o delle Contee a seguito delle "Daubert's challenges": "ma qui siamo in
Italia, con la procedura penale italiana, mica quella statunitense..non se ne può tener conto…". E l'unica prova a carico era
quella balistica….No comment!
PROBLEMATICHE DELLA VALUTAZIONE DEI RESIDUI DA SPARO
Un discorso identico sulla moralizzazione e sulla modernizzazione, in termini di procacciamento di prova a
carico o discarico in regime accusatorio, è quello che riguarda la valutazione dei residui di sparo come prova a carico o discarico,
nota dolentissima, anche perché allo stato, è impossibile senza introdurre nuovi sistemi di prelievo ed analitici, escludere che
sia avvenuto transfert innocente e non volontario da sparo diretto, o che la valutazione analitica sia parziale, ossia di valore
meramente relativo ed affatto certo.
Potrebbe delegarsi alla Commissione Centrale tecnica, proposta nei termini di cui sopra, di studiare e
proporre nuove, complete e più affidabili tematiche di prelievo e di analisi, essendo scontato che lo sparo di una cartuccia emetta
non solamente residui della capsula ma contestualmente anche residui organici della deflagrazione della carica di polvere
propellente, e che per avere certezza probatoria che non si tratti di incidenza positiva dovuta a mero inquinamento innocente per
transfert innocente di GSR (Guns Shot Residue), occorrerà sottoporre il prelievo ad una duplice analisi selettiva per individuare
la presenza delle tracce sia dei residui della detonazione della capsula sia i residui della deflagrazione della carica di lancio,
nella stessa campionatura.
Né potrà sottacersi che contrariamente all'evidenza ritenuta reale ed oggi sostenuta dalle Corti, del fatto
chimico-tecnico della supposta "ripetibilità" analitica del prelievo sullo stub munito del dischetto adesivo, se conduttivizzato con
il riporto di un film di deposito di carbonio sublimato per scarica elettrica in alto vuoto (sputter), nella effettiva realtà
invece, si distrugge irreversibilmente sia ogni presenza di materiale organico, sia esso residui di polvere da sparo della carica
di lancio (utilizzabile in tandem invece per scongiurare l'evenienza dell'inquinamento innocente), sia ogni traccia del DNA, che
rimane l'unica prova certa di riferimento della campionatura ad un dato soggetto, tutte le volte che si può paventare uno scambio
di prelievi.
In parole povere, la Suprema Corte - certamente composta da non tecnici della materia specifica - è andata
appresso solo alle necessità inquisitorie della Accusa o della PG - non tenendo in alcun conto che stabilendo atto ripetibile e non
alterativo (ex art. 359 cpp) la conduttivazione per deposito di carbonio sublimato nello sputter usato nei laboratori di PG (invece
rientrante nell'art.360 cpp), ha precluso alla difesa ed ad un successivo giudicante in sede di riesame della sentenza, di avere
una riprova peritale da parte di un tecnico che ritenga più affidabile della prova giudiziaria SEM-EDX, usata ed abusata oggi per i
soli residui inorganici della miscela innescante della capsula, una analisi associativa, per esempio con una congiunta analitica
dei residui organici della deflagrazione della carica propellente, o con altri sistemi che il progresso tecnico e scientifico
attualmente fornisce o potrebbe fornire. Ci ritroviamo negli stessi barbarici assunti mascherati sotto un tecnicismo di parte, e
soprattutto ad una cristallizzazione partitica dei sistemi laboratoristici della PG e dei suoi ausiliari - perché ritenuti
infallibili e pertanto mai allo stato superabili - come avvenne già col fallimento catastrofico per l'utilizzo del guanto di
paraffina col reattivo diazocolorimetrico (prova dermatica del Gonzales), dei sistemi non selettivi radiochimici, etc., che hanno
visto condanne alla pena capitale anche innocenti, accusati solo su prove tecniche assoggettate poi a scomunica successiva
scientifica per accertata inaffidabilità probatoria.
Inaccettabile umanamente e giuridicamente è rimasto però il "peloso" silenzio tombale, senza riabilitazione,
dei condannati a morte od all'ergastolo ritenuti rei solo ed unicamente su prove di rilevazione dei residui di sparo, ritenute poi
inaffidabili…. Quanti innocenti sono caduti sotto il boia? Quante famiglie sono state distrutte ingiustamente? Non si dovrebbe
andare più cauti nella validazione di un sistema o di una metodica analitica nel ritenerla "infallibile" procacciatrice di rei come
un "bounty killer" senza se o ma?
Secondo quanto riportato nel sito internet del dottor Edoardo Mori, nel libro (2008) dal titolo "Der Täter
auf dem Spur" (il colpevole attraverso le tracce) del criminologo John D. Wright , addirittura non si parla più della prova,
ottenuta con i mezzi odierni della PG, dei residui di sparo: perché? l'Autore è sfiduciato e non crede alla affidabilità ed alla
validità odierna di questa prova, oppure aspetta nuovi sistemi? Sta di fatto che è l'unico argomento taciuto…
Non potrò trascurare di rammentare che la difesa di un indagato o di un imputato ha comunque la facoltà
(ed io direi "obbligo") di verificare se le prove tecniche addotte dall'Accusa come "schiaccianti" siano o meno effettivamente
valide, oppure pecchino di errori e di mera illazione di parte.
UNA ANNOTAZIONE GENERICA SULLE PROVE TECNICHE PERITALI GIUDIZIARIE
Non solo negli Stati Uniti s'è prodotta la "sindrome CSI" (studiata e riportata su molti lavori originali
in prestigiose riviste specialistiche di psicologia e psichiatria) a seguito delle trasmissioni delle finctions televisive CSI,
etc. , ove si sbandiera l'infallibilità dei laboratori delle Polizie Scientifiche, che utilizzano mezzi, uomini e strumentazione
al limite della fantascienza e che come tali non possono sbagliare i risultati per incastrare scientificamente un criminale
partendo dalle volatili tracce si è lasciate dietro...
Dagli articoli riguardanti la "CSI Syndrom" si evince che ormai giudici e difensori richiedano la prova
scientifica con i sistemi che hanno visto usare in televisione: addirittura un accusato di un grave reato, essendo un
plurimiliardario, ha creato un suo laboratorio di nanoanalisi per confutare le prove a suo carico…
Mi sembra di rivedere il film tragico-comico tratto dalla commedia di Jean Romains "Knock o il trionfo della
medicina", dove in un paesino tutti godevano di una salute invidiabile tanto da mandare in miseria il medico condotto perché senza
clienti: l'arrivo del dottor Knock che impose per plagio collettivo "la coscienza sanitaria" della malattia suggestionò quasi tutti
gli abitanti di invece essere portatori di gravi patologie, dopo averli sottoposti a visite con strumentazioni e mezzi fantasiosi…e
lui a farsi ricco.
Lo stesso medico condotto, seppur sanissimo ma ridotto al lastrico dal nuovo arrivato, si credette pure lui
ammalato grave…e corse a mettersi in cura dal dottor Knock…
A proposito di laboratori avveniristici e di prove tecniche - mi sembra però inopportuno, quanto il
comandante del RIS di Parma (che comunque personalmente reputo valente scienzato), nel presentare presso la Feltrinelli di Milano,
il suo primo volume "Delitti Imperfetti" (seguito poi da un altro e da una serie di finctions in televisione) ebbe a dichiarare
alla giornalista dell'ANSA Laura Grimaldi (vedi strisciata agenzia ANSA 21/06/04): "... è un falso problema che la difesa abbia
bisogno di consulenti di parte…" ed anche "...un Pinco Pallo qualsiasi può ribaltare mediaticamente i risultati..." (N.R.:dimentica
il diritto procedurale del controllo da parte della difesa ad ogni operato di PG!) ed anche: ".. quello dei periti è un sistema
drogato, dove non è affatto detto che il perito del Giudice sia più preparato del consulente di parte…" No comment!
In tempi successivi, a Parma, organizzato sempre dal RIS di Parma e dalla facoltà di Farmacia
dell'Università Statale, venne indetto un convegno (che sul quotidiano la Repubblica di Parma, viene titolato dal redattore Mario
Robusti: "I processi non funzionano? Colpa del perito di parte") sulle prove di laboratorio e sullo stato di preparazione ed
affidabilità dei periti.
L'intervento dell'avv. Eraldo Stefani di Firenze (controbattendo le tesi, esponeva un suo caso omicidiario
ove il cliente prima condannato all'ergastolo su prove tecniche errate, fu in seconda istanza prosciolto perché attraverso
consulenze si smontò completamente ogni prova accusatoria) forse ha toccato la vera e profonda problematica delle troppo
"scientifiche" indagini ritenute infallibili, se compiute inadeguatamente.
"Con questo esempio - afferma Stefani - potete capire che la prova scientifica senza la prova investigativa
non va da nessuna parte. In questa epoca di innovazioni tecnologiche i professionisti hanno dimenticato la cultura
dell'investigazione e delle scienze forensi. Anche i dati oggettivi possono essere interpretati in modo sbagliato..."
Le parole dell'avvocato Stefani però toccano una vexata questio: il processo penale accusatorio, su prove
tecniche è un processo solo per ricchi che possono permettersi il lusso di ingaggiare investigatori e consulenti tecnici di valore
che sanno imporsi ai tecnici dell'Accusa…
Ma toccano pure un altro punto essenziale delle investigazioni troppo avveniristiche servendosi di
laboratori super attrezzati: quello dell'assenza della "libera" capacità valutativa dell'operatore nel saper talora interpretare
nel modo giusto, reale ed imparziale, i risultati analitici bruti.
Lo strumento, la macchina, il computer, per quanto sofisticati mezzi avveniristici, danno solo risposte a
seconda di come si impostano le domande od i processi che gli chiede l'operatore….non l'incontrario…
ANTONIO UGOLINI
consulente tecnico balistico
FEDERICO SACCANI
Consulente tecnico in Sheffield
antico
Apro la discussione su quello che concerne le ricadute economiche che l'attività peritale comporta… e non
intendo le parcelle che i CTU lamentano di non percepire o ritengono irrisorie dopo la loro attività.
Parlo di quanto ruota, in termini economici, intorno ad una perizia, ai ritardi della giustizia dovuti ad
errori dei consulenti tecnici, come evidenziato nei 14 metri di striscione esposto in sala, parlo di quante cause si potrebbero
evitare se esistessero "associazioni riconosciute e certificanti" alle quali rivolgersi anche prima di andare in aula con la
controparte.
La verità è che in questo momento viviamo uno stato di anarchia, l'attività peritale non è riconosciuta come
tale, ma vengono riconosciute singole esperienze in singoli settori lavorativi, nella realtà dei fatti, però, i quesiti richiesti ad
un esperto sono tali e tanti che un singolo individuo, anche se molto preparato, non è in grado di risolverli.
Una "associazione riconosciuta e certificante" sarebbe utile, già in via preliminare nei confronti degli
utenti e degli stessi magistrati nell'indicare, chi nel settore di pertinenza, è maggiormente in grado di rispondere correttamente
alle domande poste. Ad esempio nel mio settore (preziosi e antiquariato) possiamo individuare se è necessario un gemmologo, un esperto
in lavorazioni artigianali ceselli ecc, o un esperto in ambito di disciplina dei marchi e dei titoli per la verifica dei punzoni e la
correttezza degli stessi, controlli metrici ecc. non genericamente un esperto in preziosi.
E quando il soggetto adatto viene individuato, attraverso la sua associazione, può essere aiutato ed
adeguatamente preparato per lavorare in diversi ambiti: nel tribunale con una corretta preparazione procedurale, in controversie tra
privati, all'estero in ambito Europeo, nelle dogane ecc.
Attività queste, molto diverse l'una dall'altra e che non sono semplicemente: fare una perizia.
I periti del Tribunale di Roma sono 18.000, ma quanti di questi sono realmente preparati?
Molti di questi necessiterebbero di appositi corsi e formazione, proprio come esistono i crediti formativi per
gli avvocati presenti in questa sala, ai quali non è nemmeno sufficiente la laurea per operare in tribunale, ma prima dell'abilitazione
devono anche fare il tirocinio ed affiancare colleghi più esperti.
Abbiamo qui dei magistrati, quanti di voi affidano gli incarichi quasi sempre agli stessi consulenti?
Se lo fate è evidentemente perché non vi fidate della preparazione della massa di esperti che ruotano attorno
alle aule dei tribunali per i motivi già esposti.
Quanto costa questo stato di "anarchia consulenziale?" (consentitemi il conio di un nuovo termine)
Il Presidente Cappiello ha ricordato il caso Ustica, quanto è costato anche in termini economici quel processo
che non ha portato a condanne anche a causa dei consulenti? Per trovare i soldi per recuperare il relitto è stata necessaria una
finanziaria, non dimentichiamo che la compagnia Itavia è fallita con la perdita anche di tutti i posti di lavoro ecc.
I costi economici connessi alla durata delle procedure giurisdizionali sono rilevanti.
Esistono degli oneri diretti derivanti dai ricorsi individuali contro lo Stato Italiano avanti alla Corte
europea dei diritti dell'uomo, per violazione dei termini di ragionevole durata del processo.
Sarebbe opportuno verificare, i motivi dei ritardi e quanti possono essere ascritti in parte ai consulenti
tecnici.
Poi esistono gli effetti macro economici: in uno Stato come il nostro dove la lentezza del recupero giudiziale
del credito è esasperante, le imprese hanno difficoltà di accesso ai finanziamenti, questo succede anche ai privati; la dove è
difficile recuperare velocemente, si devono richiedere maggiori garanzie o peggio non si deve dare credito.
Un mutuo in Gran Bretagna viene finanziato anche al 100% del valore dell'immobile, in Italia è difficile
ottenere tra il 70/ 80%.
In questo ambito, il compito del tecnico nelle valutazioni è sostanziale, avere un controllo dei tecnici e
della loro preparazione ed aggiornamento continuo sarebbe essenziale.
Poi ci sono i fallimenti che meriterebbero un capitolo a parte per tutto quello che ruota intorno ad essi.
Secondo uno studio di Confartigianato sui dati del 2006, gli imprenditori italiani devono attendere in media
1.765 giorni (quasi 5 anni) per avere giustizia durante una causa civile.
Un fallimento dura circa 3140 giorni (quasi 9 anni).
I costi per le imprese sono 2.331 milioni di euro ogni anno solo per il recupero crediti ed i fallimenti.
Utilizzare di più i consulenti, anche al fuori dalle aule di giustizia, aiuterebbe il sistema a funzionare
meglio e più velocemente, con vantaggi per tutti.
Pensare ora, ad una rotazione dei 18.000 consulenti solo a Roma è impensabile fino a quando non ci sarà
qualcuno che realmente verifichi le loro capacità reali, inserire i giovani nei ruoli senza affiancarli a consulenti anziani è nei
fatti una follia.
Suggerire i sistemi per risolvere i problemi spetta agli operatori (giudici, avvocati, consulenti), la
regolamentazione spetta al legislatore e ai politici ai quali chiediamo di mettere mano il prima possibile alla materia.
In particolare chiedo ai politici presenti in questa aula e a coloro che gentilmente hanno inviato cordiali
messaggi, di prendere a cuore la questione e di cominciare a vagliare i suggerimenti usciti da questi dibattiti per legiferare quanto
prima sulla materia.
La disponibilità dimostrata in particolare dal Sen. Stefano Pedica anche a nome del suo partito e dall'ON
Francesco Saponaro mi conforta, l'interesse del Presidente della repubblica Napoletano e del Presidente della Camera Fini manifestato
attraverso le loro missive è importante, speriamo che alle promesse seguano i fatti.
Concludo ringraziando tutti coloro che si sono impegnati per la preparazione di questo prezioso convegno ed in
particolare chiedo un caloroso applauso per il nostro segretario Arch. Alessio Russo, senza del quale non avremmo mai potuto fare
questo importante evento.
Grazie
FEDERICO SACCANI
Consulente tecnico in Sheffield antico
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